Una scrittura decisa, quella di ELISABETTA TAGLIATI, una penna a inchiostro vivo che defluisce in ampie e colorite espressioni, sempre dettagliate e a tratti poetiche, in cui si concentrano le diverse e articolate tematiche dell’opera. Stiamo parlando di OLTRE L’ABISSO, un romanzo pubblicato nella primavera del 2020 e giunto adesso alla quarta edizione.

Nonostante sia classificato come “onirico”, il testo apre scenari e personaggi realistici, con incursioni nella mitologia celtica che penetra nell’anima e conduce all’incontro di una storia ancora per tanti versi indecifrabile, comunque misteriosa. La fantasia dell’autrice sconfina… va oltre le vicissitudini dei celti, si carica del fascino esoterico e produce protagonisti convincenti che consumano tragedie ed emozioni di cui il mondo odierno non si è mai scollato.

Tali osservazioni offrono gli elementi necessari per considerare l’opera un romanzo non catalogabile nell’unicità stringente di un genere. Men che mai quello fantastico, come apparentemente sembrerebbe dalle ambientazioni e dalla suggestiva cover di Lanfranco Bassi (Frillo).

Le pagine sin dalle prime batture catapultano il lettore tra i fiumi e le strade ben delineate in abitazioni ricoperte da argilla e gesso. Siamo in una civiltà rituale dove domina una religiosità politeista. Si osservano i mortali in un luogo – forse – vicino al cielo, mai sazi della consapevolezza di gestirne le menti e, di conseguenza, le vite.

Elisabetta non si limita a “descrivere Bethel”… la cui dicitura ricorda molto il nome dell’autrice; il personaggio irrompe in tutta la sua dinamica avventura fino a incarnarla e sentirla agitarsi in tutti i turpi pensieri, trascinando la narrazione nei meandri di fin troppo evidenti riferimenti biografici. Conosciamo così un’adolescente ancora bambina per sopportare il lutto causato dalla perdita dei genitori e troppo donna per sottrarsi al ruolo di capo-clan che gli stessi le hanno conferito. La determinazione tipica della giovinezza e l’amore che la ragazza nutre verso il proprio popolo vengono supportate dalla presenza di Makena, una personalità a tratti estrosa, non individualista, suo amico d’infanzia con il quale la protagonista intreccia una relazione non benedetta dagli dèi e appena tollerata dalla gente, intensa e di certo fuori dal comune ma sempre ancorata ai valori della società. Makena è diverso dai suoi simili: terreno e con un basso tono spirituale, s’impegna per i diritti della comunità e non s’interroga sulla volontà degli dèi. È il primo vero ribelle, si muove con un temperamento pacifista rammentando vagamente il frizzante vento del Sessantotto che ha mutato drasticamente il corso del Novecento.

La giovane se ne innamora ma, a mio avviso, l’autrice si appropria di una metafora per rispolverare un lato ancestrale occultato dalle convinzioni comuni. In altre parole, il sentimento che lega Bethel a Makena è di natura paterna, in quanto protettivo piuttosto che passionale come lo sarà per il druido Vessagh.

Le diverse sfaccettature dell’amore vengono espresse dalla penna musicale della scrittrice in un susseguirsi di idee e riflessioni che la giovane protagonista lascia scorrere nella propria mente in una sorta di resa della carne, incontrando infine paradiso e inferno in contesti aberranti e, appunto, onirici.

Il vero amore è passione. Ma non solo. L’amore non conosce routine e matura nel mistero.

La capo-clan spezza il suo cuore e lo divide tra Makena e Vessagh, che verranno colti da gelosie e desiderio di possesso, portando la donna ancora una volta a interrogarsi sul tutto e sul nulla, fino a convincersi che forse la volontà divina è solo immaginazione e la realtà viene determinata dalle proprie convinzioni. Nonostante le circostanze, sempre e comunque di natura sentimentale, passionale e mistica, Bethel finirà per maritarsi con il sacerdote celtico; in alcuni passaggi non si distinguerà chi fra i due uomini sia il marito e chi ricopre il ruolo di amante.

Sacrifici, punizioni, isolamenti accompagneranno Bethel durante la crescita trasformandola in una vedova che ha assistito all’evoluzione della stupidità umana, di come essa possa annullare il valore di una vita in virtù dell’orgoglio e del sentimento di prevaricazione. Significativi i contrasti con i figli.

Bethel ormai stanca e quasi anziana non riesce a frenarne la ribellione e il delirio di onnipotenza che, in una sorta di eredità genetica, essi hanno ricevuto nel proprio plasma.

Amore, speranza, rassegnazione e dolore combattono fino all’ultima riga del romanzo che la Nostra scalfisce con estrema eleganza e femminilità.

Oltre l’abisso racchiude tra le pagine le fragilità e il coraggio delle donne che, tra il peccato e la sacralità, incespicando nei ruoli sociali, riusciranno pur sempre ad allattate e allevare grandi uomini.

Poi c’è una poderosa documentazione e un perspicace lavoro di ricerca, necessari per tratteggiare con maestria il carattere e la fisionomia dei protagonisti, nonché, soprattutto, le ambientazioni che fanno da colonna sonora alle peripezie dei personaggi. Anche per questo, ma non solo per questo, vale la pena di leggere il libro di Elisabetta Tagliati che ha, indubbiamente, le doti e l’audacia per diventare una grande scrittrice. E non solo nei sogni…

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A cura di SERENA CAREDDU

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